30 Marzo 2013
Il relativismo, più volte indicato da Benedetto XVI come il male nascosto di questa società , si ramifica negli animi più fragili sotto forma di insicurezza interiore, povertà di spirito che nulla a che vedere con il consiglio evangelico rilanciato da padre Francesco.
Al declino dei valori assoluti segue la fragilità del pensiero personale e l’incapacità di difendere ciò in cui si crede perché costruito su deboli idee.
La reazione è, spesso, aggressiva. Si proietta sugli altri i propri limiti, alla ricerca di una causa esterna che giustifichi i presunti errori. Come Pilato, si cerca il modo di lavarsi le mani. Non siamo colpevoli noi delle ferite inferte alla nostra anima.
Intanto si mietono vittime. Il prossimo più immediato muore ogni giorno di più soffocato da una presenza ingombrante che, per difendersi, ha imparato a mortificare.
L’insicurezza non distrugge soltanto le relazioni, ma i rapporti interni, gli equilibri mentali, la stima di se.
Se non si corre ai ripari il fallimento è assicurato. Ne sa qualcosa Giuda. Trenta denari non erano pochi. Ti permettevano di acquistare un pezzo di terra che, coltivato bene, poteva portare frutti di vita ed, invece, è diventato un campo di sangue.
Non meno evidente l’insicurezza di Pietro. Il semplice pescatore, al canto del gallo che segnava il suo tradimento, ha saputo reagire positivamente e ha sconfitto le sue paure.
Pilato, Giuda, Pietro, personalità diverse, modalità differenti di rispondere all’insicurezza interiore. Il semplice pescatore ha vinto. È sceso dalla barca che gli garantiva il poco per sopravvivere e, con Gesù, è salito sulla Croce per rinascere a vita nuova.