
28 Gennaio 2013
Per la Giornata della Memoria
In occasione della Giornata della Memoria e in comunione con la Chiesa che celebra in questi giorni la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e il dialogo interreligioso, ci siamo recati presso la Sinagoga Maggiore di Roma per mostrare la nostra vicinanza ad un popolo e, soprattutto, ad una cultura che pur ferita nei secoli, ha tanto da insegnare ai presunti cristiani di questi tempi.
Vogliamo provare a raccontarvi questa visita dal nostro punto di vista che, naturalmente, esula da ogni giudizio preventivo e si nutre soltanto dell’esperienza vissuta in una piovosa mattina di gennaio.
Il Tempio Maggiore e l’attentato del 1982
Quando si arriva nei pressi del “tempio” si percepisce subito che si tratta di un luogo sensibile. La sorveglianza non ha nulla da invidiare ad una ambasciata su territorio straniero. Al presidio dei carabinieri fisso agli angoli del perimetro recintato, si aggiunge la sorveglianza che, all’ingresso, timidamente, ti chiede di dare un’occhiata alla borsa. A più di trent’anni dall’attentato, l’attenzione è ancora alta.
Era il 9 ottobre 1982, un sabato mattina come tanti, grande festa per gli ebrei osservanti, quando un gruppo di terroristi, armati di granate e armi automatiche, scagliarono un attacco contro gente inerme che aveva appena finito di pregare. Il bilancio poteva essere peggiore, ma la ferita inferta fu davvero dolorosa: 37 feriti e la morte di Stefano Gaj Taché, un bambino di appena due anni.
Il museo ebraico
Superata la sorveglianza, il visitatore viene accolto con gradita gentilezza all’ingresso del museo: il vero luogo della memoria. La storiella della deportazione e dello sterminio degli ebrei che hai studiato a scuola e tante volte hai visto refigurato in film e documentari, qui prende forma, diventa realtà, testimonianza reale, visiva e orale che non può fare altro che alimentare l’indignazione e rafforzare tutto il rispetto che questo popolo merita. Il racconto non lascia indifferente neanche i simpatici e vivaci ragazzini in visita con la scuola. Nella tua mente si aprono delle finestre, rivedi le immagini di Auschwitz che tante volte ha passato la TV, pensi a qualche scena di un film sull’olocausto, guardi nelle vetrine del museo le prove dei “trasferimenti” e sul sottofondo la voce sensibilmente provata dall’emozione della guida che ti accompagna e che non ricorda di avere mai avuto una famiglia (se non marito e figli) perché deportata tutta dalla “sua bellissima Italia”.
L’attesa del Messia
E con la guida il confronto si fa intenso. Stimolata dalle nostre domande risponde con semplicità, competenza e molta serenità. L’attesa del Messia permane, sarà la salvezza per tutto il genere umano, ma per ora non se ne parla. Ci tiene a sottolineare che non ci sono le condizioni, poiché manca la Pace. Tra i segni dei tempi che indicheranno che il Messia sta per arrivare, prioritaria è la Pace. La guida, pia ebrea praticante, ci tiene a sottolineare con forza questo concetto e a memoria ci cita il passo del profeta Isaia : “Il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà. La vacca e l’orsa pascoleranno insieme; si sdraieranno insieme i loro piccoli. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare.” (Per noi cattolici Is 11,6-9).
Se non ci adoperiamo affinché tutto questo possa realizzarsi, difficilmente avremo il Messia tra noi. Dopo queste parole mi sento fortemente in sintonia con la mia interlocutrice e le faccio osservare che questo sarà possibile se ci impegneremo tutti per la Pace. Lei mi guarda, annuisce, ma lo sguardo fa capire che la vede dura.
La cultura ci farà liberi
Le armi per combattere questa battaglia, però, sono tutte lì, tra le mura di quel luogo: la storia, la memoria, la cultura, lo studio. Discorso organizzato per i gruppi di studenti, ma di una verità indiscutibile. Gli ebrei non sono più intelligenti degli altri, come naturalmente non lo è neanche la presunta “razza ariana”, ma se la storia ci parla di intelligenze semite che si sono distinte, è perché questo popolo ha sempre studiato. Il livello d’istruzione di un ebreo medio è elevato. Siamo d’accordo, non abbiamo problemi a confermarlo. Gli ebrei appaiono più intelligenti (e quindi fanno paura ai tiranni di turno) poiché studiano. Non a caso anche le antiche deportazioni di cui ci parlano i testi sacri vedevano in esilio le menti pensanti, gli studiosi, gli intellettuali, coloro che potevano educare il popolo alla libertà e all’uguaglianza.
La Sinagoga
Dal museo passiamo nella Sinagoga vera e propria, il luogo per eccellenza dove lo studio, la meditazione, la riflessione, diventano incontro e dialogo con Dio. La preghiera è fondamentale per un ebreo e, anche su questo, i nostri fratelli maggiori ci fanno scuola.
L’invito, allora, secondo la loro (e la nostra) più grande Verità è uno:
שמע ישראל יהוה אלהינו יהוה אחד
Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno.
E se Dio è uno, perché non dovrebbe essere uno anche il suo popolo?