Accogliamo la sfida!

Un braccialetto rosso per continuare a vivere e sperare

22 marzo 2014

di Teresa Beltrano –

 

Albert Espinosa, uno dei più noti scrittori, registi, autori di teatro e televisione spagnoli, è autore del libro Il mondo giallo, in cui racconta la sua personale esperienza umana relativa alla sua giovinezza, ossia un periodo abbastanza lungo, dieci anni, segnati dal tumore. Lo stesso Espinosa ne ha tratto una amatissima fiction dal titolo Pulserasrojas, i cui diritti sono stati comprati da Rai e Palomar che ne hanno tratto la serie tv Braccialetti rossi. Negli Stati Uniti, i diritti sono stati acquistati da Steven Spielberg, che realizzerà una fiction dal titolo The Red Band Society.

La serie tv Braccialetti Rossi, diretta da Giacomo Campiotti, è andata in onda su Rai 1 in sei serate a partire da domenica 26 gennaio. La prima puntata è stata seguita da circa 5 milioni di spettatori.

La serie racconta la storia di sei ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni che si incontrano e fanno amicizia,  all’interno di un ospedale e formano un gruppo. I ragazzi, con le loro personali storie di sofferenza e di voglia di vivere, danno vita a un gruppo molto compatto e durante il loro percorso faranno fatica a separarsi. Insieme si aiuteranno a superare i momenti di crisi personale, di senso di abbandono della famiglia e si faranno coraggio a vicenda.

I protagonisti sono gli stessi sei ragazzi. In primis Lorenzo Guidi è Rocco, l’Imprescindibile, un ragazzino straordinario, che è in coma da molti mesi e con la sua voce calda e avvolgente fa da filo rosso e da raccordo dei sentimenti e delle emozioni, a cui i ragazzi non sanno e faticano a dare un nome!

Carmine Bruschini è Leo, il leader del gruppo, un ragazzo molto forte, coraggioso, sensibile, per la sua età e per la malattia che deve affrontare, sempre attento ad accorgersi dei problemi degli altri e a cercare di farli stare bene, sacrificandoi suoi sentimenti.

Brando Pacitto è Vale, il vice-leader del gruppo, un ragazzo riflessivo, sereno, attento ai piccoli dettagli e capace di ascoltare le cose che succedono attorno a lui e gli stessi genitori in profondità! Aurora Ruffino è Cris, la Ragazza, l’unica femmina del gruppo, una ragazza insicura che cerca di dare un senso alla sua giovane vita! Mirko Trovato è Davide, il Bello, un ragazzo aggressivo, sempre pronto, che come unico obiettivo vuole andarsene dall’ospedale e non vuole essere coinvolto nella vita degli altri ragazzi.  Pio Luigi Piscicelli è Toni, il simpatico, un ragazzino maturo che vive con il nonno e cerca di far sorridere gli altri con le sue battute!

La colonna sonora del film è molto coinvolgente e dinamica. Niccolò Agliardi, una delle firme più importanti  tra gli autori italiani, è il direttore musicale e il compositore, con la sua band The Hills, delle 9 canzoni inedite interpretate da lui stesso, Francesco Facchinetti, Ermal Meta, Il Cile, Simone Patrizi, Edwyn Roberts e Greta. I brani inediti si alternano a 5 grandi successi di Vasco Rossi, Laura Pausini, Tiziano Ferro, EmisKilla e Emma Marrone, che hanno aderito al progetto “affidando” a Braccialetti Rossi alcune delle loro più significative canzoni, e a un brano di Marco Velluti, il tutto intervallato dalle musiche originali di commento di Stefano Lentini.

Questa serie televisiva, ha coinvolto il pubblico, lo ha introdotto senza molta finzione e senza lieti fini scontati, dentro la dimensione della malattia che colpisce i ragazzi e gli adolescenti. Parlare di cancro, secondo quanto Albert Espinosa, ha vissuto e scritto nel suo libro, non è una cosa brutta. Bisogna affrontarla lottando e riuscendo a essere consapevoli che per guadagnare qualcosa bisogna perdere. Bisogna perdere una gamba se si vuole guadagnare salute e tempo per vivere, per esempio. Il cancro non conosce età,  i due ragazzi della fiction, Leo e Vale,  sono calvi, a causa della chemioterapia e hanno dovuto dare l’addio a una delle loro gambe.

Qualche giorno fa una signora mi ha detto che non riusciva a vedere la serie perché troppo forte, io le ho ribadito che era troppo vera! Ci fa paura vedere nella finzione ciò che viviamo nella realtà, come la malattia, la permanenza in ospedale e  la morte. Vorremo che la finzione cinematografica, rappresentasse ciò che è fuori dalle vicende dolorose della nostra storia personale, in cui spesso non c’è un lieto fine e non sempre si guarisce, quando ci si ammala e non sempre si incontrano persone disponibili e attenti ai nostri drammi personali e familiari.

Comunicare la vita che attraversa la malattia e la speranza che attraversa la morte e sentire che dei ragazzi scoprano nell’amicizia e nella forza del gruppo la possibilità di migliorare se stessi e gli altri, di imparare a crescere, questo, credo sia il grande merito di Braccialetti rossi!

 

httpv://youtu.be/Fb6BIzw6eUE

 

2 commenti

  1. Giorgio /

    Ho trovato anch’io gradevole e ben costruita la fiction oggetto dell’articolo, nella sceneggiatura, nella location e nella scelta degli attori, certo la realtà e’ sempre molto lontana dalla “finzione cinematografica” in questione; purtroppo ben conosciamo la situazione della maggior parte degli ospedali italiani e la realtà che sono costretti a vivere e gli utenti delle cure mediche e le famiglie che assistono i malati; esistono, a dire il vero, anche situazioni d’eccellenza e solidarietà. Il merito di questa fiction e’ indurre il telespettatore a un’attenzione sempre maggiore verso questi temi, rivalutare le relazioni d’amicizia e solidarietà tra coetanei adolescenti e un nuovo e diverso approccio nei confronti della malattia. Sarebbe bello, in seguito alla visione, informarsi, se nelle realtà locali dove viviamo ci fossero strutture che mettessero in pratica ciò che nella fiction viene rappresentato per impegnarsi nel concreto.

  2. Peppe Mangano /

    Il dolore espresso in immagini, ma ancor più la tensione di tutti i protagonisti nel rendere al dolore quella fisionomia che svela se stessi agli altri e a se stessi…questo è stata la fiction.
    La possibilità dataci di seguire tramite immagini e dialoghi e vite giovani attraversate dal dolore e dall’impotenza che la malattia a volte ci dona, è stato interessante e per alcuni aspetti fortemente educativo.
    La vita dei ragazzi in uno spazio che sembrerebbe negare la possibilità di sperimentazione ha lasciato un ottimo spunto pedagogico: quando lo spazio non è “a misura” (Maria Montessori docet!) è il ragazzo o il bambino a strutturare quello spazio e a renderlo non abitabile ma educante.
    Personalmente ritengo questo il pregio della fiction: averci trasmesso non solo la bellezza della vita che lottando sfida se stessa su quel crinale che è il dolore, ma soprattutto la possibilità di sperimentare attraverso la malattia se stessi e la relazione con gli altri.
    Il tempo e lo spazio in una struttura ospedaliera sono altamente strutturati e per questo stesso motivo vuotati del loro significato vitale che nel quotidiano portiamo in ogni situazione.
    Il gioco, l’amore, la vitalità, la gelosia, l’amicizia, sono stati vissuti dotando il tempo e lo spazio di quell’energica accettazione di se che ha portato i ragazzi ad educare educandosi…
    IL simbolo del braccialetto rosso…icona splendida del dolore e della vita…due aspetti opposti a confronto caratterizzati entrambi da quell’elemento fondamentale che li unisci e li separa: lo sguardo…

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