11 giugno 2023
di Alessandro Grimaldi –
Una fase di transizione
Viviamo in una fase di transizione che, come sempre avviene per tutti i passaggi d’epoca, crea qualche resistenza negli adulti. Stiamo passando dall’era analogica a quella digitale. Qualcuno potrebbe dire che, in realtà, già siamo pienamente assorbiti dal mondo digitale e, in effetti, è vero sul piano pratico.
Ciò che fa fatica a passare è il cambio di mentalità, poiché tutti, anche noi altri che proviamo a “stare sul pezzo”, ragioniamo spesso in termini di pericolo e non di opportunità, soprattutto in campo educativo.
Il parere dell’esperto
Così si ripete l’ennesimo incontro con il solito studioso dai capelli bianchi che, forte di anni di ricerche sul mondo degli adolescenti, prova ad introdurre dei giovani educatori in un mondo che, probabilmente, gli interlocutori conoscono per esperienza diretta ed impegno pratico.
Il messaggio è semplice: l’adolescenza si è allungata! Potrebbe sembrare un po’ scontato in ambito educativo, ma, in realtà, l’attenzione del relatore non si è posta sul passaggio tra l’adolescenza e la gioventù, ma tra l’infanzia e l’adolescenza. In pratica, l’adolescenza si è allungata sia per età massima che per età minima (ammesso che si possa individuare un confine netto tra fasi).
Sembrerebbe, infatti, che i tratti adolescenziali potrebbero emergere già a 10/11 anni, anche se non sempre evidenti come, ad esempio, l’inizio del menarca che, a dire dei pediatri, ultimamente sta scendendo anche al di sotto di questa età.
Contesto ambientale e plasticità neuronale
Il dato, naturalmente, non è solo biologico, ma coinvolge anche la personalità, con una forte componente ambientale. Dalla personale osservazione partecipata emerge che un ragazzino che sta crescendo nelle periferie di Napoli ha una struttura completamente diversa dal suo coetaneo che vive nell’entroterra peninsulare.
L’influenza del contesto ambientale sembra essere sfuggita all’esperto di turno che, però, attira l’attenzione su un aspetto altrettanto importante nei processi evolutivi: la plasticità cerebrale.
Secondo questa teoria, in risposta alle sollecitazioni esterne, il cervello sarebbe in grado di attivare nuovi circuiti neuronali e di rafforzare le connessioni sinaptiche tra i neuroni. Questa funzione, che per gli psicologi dell’età evolutiva sembrerebbe essere una caratteristica adolescenziale, di fatto è stata registrata anche nell’età adulta e, soprattutto, nella fase della vecchiaia.
Una prima conclusione che potremmo trarre è la seguente: l’adolescenza si è allungata da entrambi i lati. Sul piano psicopedagogico il dato è confermato dalla tendenza ad anticipare l’età delle “prime volte” e posticipare la fase delle scelte significative per la vita.
Umanizzazione del digitale
Le resistenze da parte degli adulti, paradossalmente, coinvolgono mutamenti di paradigma di interesse transgenerazionale. Il passaggio al digitale, infatti, non riguarda solo le giovani generazioni, ma anche gli adulti. È il mondo che sta cambiando, con tutto ciò che ad esso si può riferire, quindi l’umanità tutta è coinvolta in questa trasformazione. Si tratta solo di capire se la si vuole subire, piegandosi ad un coinvolgimento passivo che non si può evitare, oppure pensare un capovolgimento di prospettiva.
Mi chiedo, infatti, difronte all’ipotesi suggestiva di adolescenti digitalmente modificati, se non stia accadendo, invece, il contrario, visto il tentativo di voler umanizzare a tutti i costi il digitale, rendendo intelligenti i dispositivi artificiali. Del resto è il PC che funziona come un cervello e non il contrario, in quanto la mente umana è stata sempre capace di ricevere segnali dall’esterno, elaborarli tramite complesse connessioni sinaptiche e produrre impulsi.
Per i giovani, pericolo o opportunità?
Sul digitale, allora, si gioca la dialettica tra vecchio e nuovo, adulto e giovane, pericolo ed opportunità.
Lo dimostra l’accentuata preoccupazione da parte dell’opinione pubblica sui possibili pericoli che potrebbero emergere da una realtà aumentata e digitalmente reinterpretata, condivisa dalla comunità educante che, proprio per questo, cerca di ricorrere ai ripari, attraverso consulenze professionali. Si arriva a pensare alla presenza dello psicologo nelle scuole, la cui funzione forse è chiara a chi pone la domanda, ma non a chi deve elaborare la risposta, soprattutto quando sembrerebbe che ogni questione adolescenziale sia stata dirottata nello spazio immenso della rete social … anche la relazione d’aiuto!
Così si guarda con sospetto a TikTok, soprattutto all’invasione programmata, da parte degli adulti, del social che nasceva per i ragazzi e che oggi vede una presenza massiccia anche di professionisti (dagli avvocati agli psicologi, dagli insegnanti ai preti).
Dal punto di vista dei processi di significazione lo sguardo positivo sembrerebbe essere vincente. I social network sono un ambiente vissuto dagli adolescenti (e non solo) e, quindi, se vogliamo evitare il solito errore di parlare dei giovani senza parlare con i giovani, dobbiamo andare ad abitare quei luoghi e, soprattutto, imparare quei linguaggi, poiché, la riuscita di una buona comunicazione è nella condivisione del codice linguistico.