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IOR: il grande scandalo rientra, ma non fa notizia

3 giugno 2011

Lo IOR, l’Istituto per le Opere Religiose della Santa Sede, tristemente venuto alla ribalta dell’opinione pubblica negli ultimi anni, si è messo in regola dopo le vicende giudiziarie che l’hanno visto implicato ed ha ottenuto il dissequestro dei suoi fondi da parte della Procura di Roma.

In effetti l’adeguamento “agli standard internazionali per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario”, si è reso necessario da parte del Vaticano, che ha emesso nuove norme finanziarie.

Il sequestro risale al settembre 2010. Gli inquirenti della Procura di Roma contestavano il reato omissivo della norma antiriciclaggio: non sarebbero state indicate “le generalità del soggetto per conto del quale si esegue l’operazione” e “lo scopo e la natura” della prestazione.

L’istituzione, per opera della Santa Sede, dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), guidata dal Cardinale Attilio Nicora, è stata fondamentale. Nel provvedimento di dissequestro si sottolinea, tra l’altro, che l’Aif “ha già iniziato una collaborazione con l’Uif, omologo organo di controllo italiano, fornendo informazioni adeguate su di una operazione intercorsa tra lo IOR e istituti bancari italiani che è stata oggetto di analisi per la sua potenziale illiceità”.

Per questo si può ritenere che “nello Stato straniero sia stato instaurato, in ordine alla operatività dello IOR, un regime giuridico improntato a criteri e regole tali da scongiurare il ripetersi di comportamenti omissivi”.

La notizia, naturalmente, rispetto al “grande scandalo” esploso lo scorso settembre, non ha avuto la stessa attenzione dai parte dei media. Evidentemente non interessa ridimensionare la questione. Dietro c’è sicuramente una chiara intenzione anticlericale, ma anche un atteggiamento giornalistico diffusissimo che ricerca lo scoop che fa vendere, disinteressandosi dell’evolversi della vicenda, soprattutto se a lieto fine.

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