13 Aprile 2012
di Antonella Palumbo
Fame e malnutrizione sono mali che continuano ad affliggere milioni di persone nei paesi più poveri del pianeta.
Con la Dichiarazione del Millennio dell’ONU del 2000, ogni paese firmatario si impegnava ad aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo per lo 0,7% del proprio PIL entro il 2015. La maggioranza di costoro, però, non ha superato la soglia dello 0,3%.
Purtroppo le immagini della grave carestia che ha colpito recentemente 13 milioni di persone nel Corno d’Africa (Somalia, Kenia ed Etiopia), non sono sufficienti a smuovere le coscienze di coloro che hanno il potere decisionale di poter risolvere il problema, ma non la buona volontà .
Nel nostro piccolo, ognuno di noi può però decidere di fare qualcosa, iniziando ad abolire lo spreco alimentare.
In Italia, secondo una ricerca del Last Minute Market (iniziativa sociale della facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, volta alla quantificazione degli sprechi commestibili legati alla grande distribuzione del settore alimentare, per promuoverne un “riutilizzo” all’interno dei circuiti della solidarietà ), si gettano via 20 milioni di tonnellate di cibo ogni anno. Questo cibo inutilizzato sarebbe sufficiente a sfamare 40 milioni di persone.
La vera rivoluzione sarebbe quella di abbattere il consumismo sfrenato e ritornare alle buone abitudini dei nostri nonni, che, abituati a sopravvivere in epoca di guerre e carestie, non buttavano nulla. Riutilizzare il restante, dunque, rieducandoci al cibo e ai suoi valori.
Basta seguire poche regole, che oltre ad evitare sprechi di cibo, ci faranno risparmiare denaro e ci consentiranno anche di salvaguardare l’ambiente.
Per prima cosa, scrivere una lista di pianificazione delle pietanze da preparare in base al cibo che abbiamo nel frigo, e tenerla sempre sotto controllo. Poi non buttare la frutta o gli ortaggi troppo maturi o ammaccati, ma utilizzarli per preparare dolci, frullati o zuppe.
Creare nuove ricette con gli avanzi; comprare solo la quantità di prodotti di cui si ha bisogno, meglio se sfusi, e congelare l’eccesso. In ultimo, trasformare gli avanzi in compost per il terreno, utilizzando dei bidoni appositi (le compostiere), che si trovano facilmente in commercio.
Insomma, se ognuno di noi fa la propria parte, dà il proprio contributo, non solo al miglioramento dell’efficienza della catena alimentare, ma anche a ridare speranza alla parte povera del mondo vittima dello spietato consumismo dell’occidente.