28 Settembre 2013
Non è stato facile reprimere la forte tentazione di esprimere la nostra opinione sulla ricchissima intervista di padre Spadaro a Papa Francesco. La provocazione dei titoli di tutte le migliori testate giornalistiche meritava una reazione di contenuto, evitando di lasciarsi trasportare da un’azione dettata dall’istinto. Qualche giorno è passato ed, in effetti, un’analisi a freddo di quanto sta accadendo, permette di essere più oculati.
Non è la prima volta che la lettura dei quotidiani alimenti qualche dubbio circa il linguaggio giornalistico. La perplessità riguarda il grado di consapevolezza dei cronisti rispetto ai termini che utilizzano. In alcuni momenti sembra che ignorino il significato delle categorie adoperate, in altri viene il sospetto che il mutamento di senso sia maliziosamente pensato a priori.
Abbiamo provato a chiarire la situazione lasciando un breve commento in calce all’articolo di una nota testata giornalistica del Sud Italia che annunciava la svolta della Chiesa, ma questi, apparso dopo qualche minuto, è stato prontamente cancellato in breve tempo. Senza alcuna intenzione di voler strumentalizzare l’accaduto e continuando a manifestare profondo rispetto per la testata in questione (per questo motivo non riportiamo il nome), riproponiamo in maniera un po’ più articolata la nostra opinione, affidando all’intelligenza del lettore la possibilità di valutare il grado di consistenza della censura.
La svolta della Chiesa
Le dichiarazioni del Pontefice su divorziati, omosessuali e chi ha abortito sono state interpretate dai mezzi di comunicazione come l’inizio di una svolta (qualcuno ha addirittura parlato di riforma) da parte della Chiesa su questi argomenti sensibili. Attingendo alla stessa fonte, tutti hanno annunciato l’apertura di Papa Francesco a queste persone, lasciando intendere che fino a questo momento erano fuori dalla Chiesa. La memoria breve, l’ignoranza attiva, o forse la precisa volontà di voler occultare la verità, hanno dimenticato che questa “apertura” era già stata evidenziata più di cinquanta anni fa da Giovanni XXIII quando invitava a distinguere tra peccato e peccatore, rinnegando il primo e accogliendo il secondo.
Una trappola per stanare i cattolici
Che nella trappola dei Media potesse cadere la gente semplice e/o i cosiddetti intellettuali laici c’era da aspettarselo. Ciò che meraviglia, invece, è l’accoglienza della presunta notizia da parte del mondo cattolico (anche di qualche addetto ai lavori). Osservando i social network, ma anche attraverso una semplice ricerca su google, è possibile “ascoltare gli applausi” di uomini di Chiesa che, credendo alla svolta, si sono sentiti più liberi di esprimere le loro posizioni. Nulla di male, ognuno può farlo, ma per onestà si deve ribadire a queste persone che la rivoluzione non c’è stata e il pensiero della Chiesa resta sempre quello (liberi o meno di accoglierlo).
Accoglienza della persona e condanna del peccato
L’accoglienza del gay, del divorziato, della donna che abortisce e, non vi scandalizzate, aggiungiamo mafiosi, corrotti, pedofili, è cosa diversa dalla condanna del peccato. Per Francesco gli atti omosessuali, la superficialità con il quale si divorzia, la soppressione di un embrione, ma anche l’abuso sui minori, le ingiustizie sociali restano gravi peccati che ostacolano la vita e ledono la dignità della persona. Questi soggetti non vanno esclusi dalla comunità ecclesiale, devono essere accolti con affetto, ma pur sempre manifestando, con misericordia, la propria disapprovazione per l’eventuale gesto compiuto.
La vera riforma: educare le coscienze
Una reale svolta è possibile da parte della Chiesa, ma in chiave educativa. Una formazione delle coscienze che coinvolga tutti, dall’ultimo dei barboni al primo dei vescovi. Non si può negare, infatti, che qualcosa Francesco la vorrebbe cambiare: il cuore degli uomini e, tra questi, dei preti.
P. E.