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Violenza di genere: il 35% delle donne subisce

20 dicembre 2016

di Antimo Verde –

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità si tratterebbe di una vera e propria epidemia. Un’epidemia che ha come vittime donne che subiscono abusi fisici e sessuali che procurano morte, invalidità permanenti o nei migliori dei casi lesioni e infortuni. Senza contare che a tali abusi sessuali corrispondono anche gravidanze indesiderate, aborti indotti, infezioni a trasmissioni sessuali.

A queste si aggiungono ricadute psicologiche sia per le vittime che per i loro cari, e in special modo per il loro bambini, che secondo i dati Istat relativi a giugno 2015, assistono sempre più frequentemente alle violenze sulle loro madri, comportando irreparabili danni sul loro comportamento e sulla loro vita futura.

Un’epidemia che secondo le ultime stime colpisce il 35% delle donne che, nel corso della propria vita, subisce violenza all’interno delle mura domestiche, procurando forme di disagio come depressione, stress post-traumatico, disturbi del sonno e alimentari, sino ad arrivare a svariati tentativi di suicidio.

Un’epidemia che colpisce maggiormente in situazioni di conflitto o dove esiste un disagio economico e sociale. Si pensi ad esempio che in Giappone circa il 15% delle donne ha denunciato violenza da parte di un partner, mentre in Etiopia il dato sale incredibilmente al 71%.

Una situazione aberrante che nonostante continui appelli e campagne di sensibilizzazione non accenna a diminuire, anzi aumenta ogni giorno di più con episodi che lasciano sbigottiti, che paradossalmente sono maggiormente amplificati dai media e particolarmente dai social, che vengono adoperati irresponsabilmente come mezzo per arrecare danno, offese o intimidire le donne, incentivando così simili crimini.

Proprio per questo è necessario combattere simili condotte che originano da una sconcertante ignoranza e che sfociano in un insensato pregiudizio. Occorre pertanto, che tutti i Paesi adottino azioni concrete contro il proliferare della violenza sulle donne attraverso finanziamenti che assicurino informazione e soprattutto diano accesso a servizi sociali.

Su questa linea sembra si stiano muovendo le nostre istituzioni. Apprezzabile è infatti, la ratifica nel 2015, assieme ad altri 32 Paesi dell’Europa tra cui Albania, Portogallo, Bosnia-Erzegovina, Austria, Serbia e Spagna, della Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e la violenza domestica, il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.

Poi l’approvazione della legge n. 119/15 (Legge sul femminicidio), recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province. Introducendo particolari novità come, il braccialetto elettronico per chi è stato allontanato dalla casa familiare, la nuova aggravante della relazione affettiva applicabile al reato di maltrattamenti in famiglia e a tutti i reati di violenza commessi in danno di donne e minori, l’arresto obbligatorio in caso di flagranza per i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking e la misura pre-cautelare dell’allontanamento di urgenza dalla casa familiare, sembra aver colmato un vuoto legislativo da troppi anni vacante.

Infine grazie alla legge di bilancio approvato in Commissione alla Camera, nel triennio 2017-2019 destineranno alle donne vittime di violenza e ai loro figli 5 milioni annui. Le risorse andranno al piano antiviolenza, ai servizi territoriali, ai centri antiviolenza e ai servizi di assistenza alle donne.

Un notevole passo in avanti, se si considera che secondo recenti dati in Italia, le donne che subiscono violenza non denunciano nel 90% dei casi e nella maggior parte il colpevole risulta essere il partner e solo raramente uno sconosciuto.

 

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