24 aprile 2017
di Teresa Beltrano –
Siamo quasi tutti viaggiatori e sedentari, nel senso fisico del termine.
Alcune persone, in modo più particolare, vivono con la valigia quasi sempre pronta, o meglio mai disfatta e sempre rinnovata. Le loro mete sono diverse, i loro interessi sono vari, molteplici, e ancor più differenti sono i loro motivi di viaggio. Viaggiare fisicamente, ti pone in una condizione di precarietà.
C’è un viaggiare virtuale, anzi un navigare digitale che ci ha fatto diventare tutti cercatori e costruttori di rotte, nelle acque libere del web! Un viaggiare che non ti fa spostate fisicamente, ma non per questo meno reale e un viaggiare fisico, fatto di mete, luoghi e volti che sfiorano lo sguardo, di mano che offrono un aiuto, di storie che viaggiano accanto a te e che puoi solo immaginare, di contatto fisico!
Tutti, arriviamo in qualche stazione, tutti scendiamo da un treno, da un aereo o da un qualsiasi altro mezzo di trasporto e quasi tutti abbiamo attese da colmare, obiettivi da raggiungere, case o alberghi da abitare, famiglie e amici da incontrare, gruppi di lavoro!
Spesso le stazioni sono luoghi dell’anonimato più grande, delle solitudini più profonde e della vita vissuta ai margini. Stazioni dei treni e aerostazioni sono affollatissime, ma spesso si è soli, soli con le proprie preoccupazioni, le proprie ansie e le proprie incertezze o certezze.
“Consumiamo” gli stessi luoghi e consumiamo beni. Consumiamo cibo, informazioni, comunicazione, cultura, servizi e magari poche volte facciamo incontri che ci cambiano la vita!
È vero che ci spostiamo e viaggiamo grazie al digitale, avendo la possibilità di conoscere luoghi e parlare con amici che vivono in paesi lontani altrimenti irraggiungibili, ma l’esperienza fisica, la valigia e l’odore dei mezzi, il respiro e la preoccupazione delle persone con cui condividiamo, anche se momentaneamente uno spazio e un viaggio, assume un altro significato.
La fisicità è un elemento, una differenza importante, essenziale, tipica dell’esperienza umana, che ha bisogno di confronti, di poter mettere in moto tutti i sensi e di sentire sapori, odori, di poter toccare persone, luoghi, ambienti.
È sempre interessante vedere, quando si viaggia, che il più delle ore, si consuma cibo e si è in continua connessione. In aereo o in altri mezzi di trasporto, ti offrono uno snack, come se, consumare cibo potesse, in qualche modo, accelerare il tempo e metterci al sicuro. Forse inconsciamente pensiamo che nessuna cosa ci può accadere, perché in fondo abbiamo consumato cibo, abbiamo superato l’insicurezza e la precarietà della vita e, così facendo, continuiamo a “procurarci”, in qualche modo, un pezzetto di vita!
In ogni valigia, in ogni borsa, in ogni bagaglio c’è una storia diversa, c’è speranza e c’è dolore, ci sono sogni! È interessante osservare, cogliere e poter captare, in qualche modo, sentimenti e preoccupazioni. È altrettanto bello entrare in dialogo con quelle persone con cui condividiamo mete e spazi per condividere progetti, preoccupazioni e potenzialità che ognuno di loro porta in se!
Mi piace osservare e ascoltare. Spesso le opportunità di comunicare e di interagire ci mettono in contatto, malgrado noi, con le vite degli altri. Basti pensare a quando, nei luoghi pubblici, le persone che ci stanno intorno parlano a voce alta al cellulare, raccontando i loro problemi, le loro cose personali, tanto che siamo costretti a venire a conoscenza di cose altrui che non ci interessano.
Spesso decidiamo anche, di non voler interagire, di non voler parlare con nessuno e ci appartiamo, ascoltiamo musica con gli auricolari, illudendoci di non comunicare! In realtà decidiamo di non parlare, che resta solo una delle tante forme di comunicazione, come lo stesso essere in viaggio che, di per sé, comunica già qualcosa.
Il viaggio come metafora della vita, come metafora della vita in divenire. Della vita vissuta dal di dentro, vissuta dalla parte del contatto … oltre il digitale!
Viaggiare non è sinonimo di navigare! Tutti siamo stati abilitati a navigare, da quando ci hanno messo in mano un mouse, o un touch screen, ma pochi ci aiutano a viaggiare. Viaggiare è esporsi, rischiare, ma è altresì affascinante, inaspettato e con l’opportunità di giungere a mete o luoghi, un po’ trasformati, un po’ più grandi, un po’ più di noi!
Viaggiare è mettere in moto tutti i sensi, sentire odori e assaporare gusti … dal semplice caffè, bevuto, per forza maggiore, nella carrozza ristorante del treno a quello del bar più raffinato e elegante di una grande città.
In fondo nessuno ci insegna a viaggiare, anche se le famiglie, molto meno quelle italiane, mandano i figli in giro per l’Europa e per il mondo, propensi a dare ai figli, possibilità di opportunità, di dipendenza e di autonomia. Viaggiare è accorgersi che siamo parte di un mondo, di una famiglia umana grande, di una varietà di lingue, di colori e di bellezze tali che ci permettono di crescere e di vedere il mondo un pochino dalla parte di Dio!
Guardarsi intorno, domandandosi ogni tanto:
«MI PIACE o no, ciò che vedo?»
e pensandoci un po’:
«Perché mi piace? Perché no?..»
Già questo permette di accorgersi
di una quantità di cose che prima non si erano notate mai:
e l’immagine del mondo ne viene
rapidamente trasformata.
È come da bambini:
il mondo diventa consigliere;
come se in tutto
potesse dischiudersi una possibilità nuova
per la nostra vita,
mentre prima
quello stesso «tutto» appariva spesso noioso e altrui.
(Igor Sibaldi, Il mondo invisibile)
Partire è un lungo tornare indietro per via prime sconosciute e poi amate immensamente con cuore sincero….così scrivevo a conclusione della mia Tesi di Laurea sull’educazione e dalle belle considerazioni di Teresa Beltrano sul viaggiare la ho rievocata e ripetuta a me stesso….al mio continuo nomadismo e alla sua costante di fondo: condividere ciò che siamo…ascoltare coloro che ci stanno accanto anche solo per pochi minuti.
Viaggiare comporta il rischio del nuovo, dell’andare verso una meta che stranamente ci avvicina invece di allontanare….di una meta che ci fa compiere un viaggio dolcisdimo e struggente verso noi stessi.
Il viaggiare ci educa e la valigia resta sempre lì, in attesa di compiere con noi i chilometri che percorrendo ci portano al nostro centro vitale.
Il nostro essere…il nostro corpo…la nostra cognitivitá ed affettivitá partecipa interamente nella nostra persona a questo andare…un andare caratterizzato (almeno personalmente) dalla discreta presenza di stare sulla soglia senza usurpare, senza fagocitare nulla del posto e delle persone, senza gettar via ciò che non rientra nelle nostre categorie o nelle nostre aspettative.
Viaggiare….star sulla soglia…educarsi…un universo di sensazioni, emozioni, colori, sapori, odori…tutto inquella meravigliosa ed unica valigia che noi siamo…