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Fratellanza o razzismo: dove va il mondo?

13 Agosto 2019

di Emanuele Tanzilli –

Il termine “razzismo”, si sa, è forte evocatore di corsi e ricorsi storici, che nell’arco dei secoli hanno caratterizzato l’evolversi (o, nel caso specifico, l’involversi) della civiltà, ed accompagnato la penna dei Secoli nella scrittura di alcune fra le pagine più tristi ed umilianti che memoria d’uomo possa ricordare. Che cosa significa esattamente? La parola contiene in sé il concetto di “discriminazione in base alla razza”, ma sappiamo bene che nel tempo non si è limitato a questo, estendendosi in vario modo anche alla religione, all’appartenenza politica, al sesso, alla sessualità e alla provenienza geografica. Il razzismo, dunque, è un atteggiamento mentale discriminatorio nei confronti di individui percepiti come diversi, e di conseguenza inferiori socialmente e moralmente.

Che in ciò non vi sia nulla di scientificamente ed eticamente fondato è dunque evidente: si tratta di un fenomeno nato e costruito sull’ignoranza, alimentato dalla paura e fomentato dai pregiudizi. È plausibile ipotizzare che all’origine di tutto ci possa essere la condizione di arretratezza, tecnologica e culturale, in cui le popolazioni oriunde di continenti come l’Africa e l’America versavano al momento delle colonizzazioni europee. Purtroppo, tali deliranti considerazioni sono state alla base delle peggiori stragi mai compiute sul pianeta: il pensiero corre alle popolazioni mesoamericane (i Maya, gli Aztechi e gli Inca) e alle loro splendide civiltà spazzate via, agli indiani pellerossa che furono completamente sterminati per lasciar sorgere la più grande superpotenza dei giorni nostri, quella che può finalmente vantarsi del suo primo “black president”, agli africani deportati oltreoceano per lavorare come schiavi nelle piantagioni di cotone, stipati come oggetti sulle navi, denutriti e lasciati morire per essere rimpiazzati senza batter ciglio da altri conterranei. C’è da annotare, purtroppo, che anche la Chiesa ha giocato un ruolo altrettanto esecrabile all’epoca dell’Inquisizione, sulla scia di un fondamentalismo che oggi possiamo invece riscontrare nel mondo musulmano. Infine, impossibile non citare, in epoche più recenti, le nefandezze perpetrate dal nazismo e dal fascismo nei confronti degli ebrei, in virtù di un assurdo progetto di “purificazione” della razza ariana, ritenuta geneticamente superiore e pertanto destinata al dominio dell’umanità.

La Storia ha quindi ampiamente dimostrato come, in corrispondenza col declino dei valori etici, morali e culturali, in corrispondenza con l’annebbiamento dell’intelletto, con la perdita collettiva della ragione, si verifichino i periodi più tetri e bui per la civiltà. Guerre, assassinii, sfruttamenti, compiuti in nome di un’ideologia malsana, o peggio ancora in nome di una distorta concezione della divinità. Abbiamo inoltre già accennato a come il problema sia ancora vivo nella società attuale, sebbene non nelle catastrofiche proporzioni del passato. L’accresciuto livello di istruzione, la rinnovata veste delle istituzioni ecclesiastiche, e persino l’abbattimento dei confini territoriali verso un mondo sempre più “unico”, ci hanno abituato all’idea di pacifica convivenza e reciproco rispetto. Ma le faide sono ancora all’ordine del giorno, le discriminazioni persistono, sebbene focalizzandosi su diversi aspetti, e l’impressione generale è che si sia ancora ben lontani dal raggiungere quel concetto di tolleranza propedeutico per quello di fratellanza.

 

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