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Congo: la Chiesa non accetta le dimissioni dello Stato nel campo educativo

5 aprile 2011

di Roberto Ponti* –

Lo sciopero proclamato anche quest’anno dai professori dell’Università di Kinshasa riaccende l’attenzione sull’educazione, la scuola e l’università nella Repubblica Democratica del Congo.
Un anno fa, alla vigilia del Cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della RDC, la Conferenza Episcopale Nazionale aveva reso pubblico un messaggio al popolo congolese intitolato: “Il nostro sogno di un Congo più bello di prima”. Tra i molteplici temi affrontati, anche quello educativo.

Bisogna ricollocare l’educazione – dicevano i vescovi del grande paese sub-sahariano – al centro delle nostre priorità, perché una società senza scuola è una società senza avvenire. Il cinquantenario deve essere l’opportunità favorevole per inserire, nella legge finanziaria, nuovi impegni del Governo nei confronti dell’insegnamento. La Chiesa esige che le conseguenze positive dell’annullamento annunciato del debito estero siano destinate prioritariamente a questo settore vitale della nazione. La Chiesa non accetta le dimissioni dello Stato in questo campo. Questo sarebbe troppo. Il datore di lavoro degli insegnanti non sono i genitori, ma lo Stato”. Parole forti, come spesso accade da parte dei pastori della Chiesa a queste latitudini, da intendere non come il venir meno dell’attenzione della comunità cristiana nei confronti delle necessità educative, piuttosto come richiamo ad ordinare le risorse pubbliche, mirando anzitutto alla crescita culturale della popolazione, base di ogni possibile sviluppo.

La Repubblica Democratica del Congo si colloca molto in basso nella classifica mondiale della scolarizzazione, attorno al 160° posto. Anzitutto è da sottolineare la giovinezza del paese, con il 60% della popolazione al di sotto dei 20 anni: stiamo perciò parlando di più di 37 milioni di bambini e giovani!  Il tasso di scolarizzazione nelle scuole elementari ha conosciuto una forte regressione: dal 92% nel 1972 si è scesi al 64% nel 2002 con l’influsso negativo delle ripetute e gravi situazioni di turbolenza sociopolitica. C’è poi molta differenza tra l’accesso alle scuole nelle aree urbane e quelle rurali. Nelle secondarie, la percentuale di scolarizzazione è stimata al 29% nel 2001-2002 contro il 26% nel 1977-1978.

A causa del deficit dello Stato, il sistema educativo in Congo deve essere finanziato principalmente dai genitori. Il tasso di iscrizione è del 52% e il tasso globale di analfabetismo (nel 2004) è molto alto, attestandosi attorno al 33% (e raggiunge il 43,3% per le donne). L’iscrizione alla scuola primaria è diminuita anche a causa dell’isolamento dei villaggi (il Congo è al 12° posto al mondo per estensione, grande quattro volte la Francia), delle difficoltà di trasporto e per la crescente incapacità dei genitori di pagare le tasse scolastiche, a cui si aggiungono la mancanza di manutenzione delle infrastrutture scolastiche, spesso estremamente fatiscenti, e la mancanza di libri di testo. Lascia allibiti pensare che gli insegnanti e i professori ricevono un salario tra i 20 e gli 80 dollari al mese e spesso il pagamento è ampiamente ritardato. Il programma nazionale prevede di raggiungere l’istruzione scolastica universale nel 2015, ma purtroppo l’obiettivo non sembra credibile. Ecco perché i professori universitari, ma anche gli insegnanti degli altri livelli di istruzione, sono in agitazione. L’educazione è l’avvenire di una nazione, ma nella RDC non sembra che i piani di governo sostengano questa idea. Anche se, per sopire le tensioni in quest’anno elettorale – le elezioni si dovrebbero tenere il prossimo mese di novembre 2011 – il governo del presidente Joseph Kabila e del primo ministro Adolphe Munito ha cercato di intervenire e di dialogare con i sindacati.

*Società San Paolo – Kinshasa

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