11 Dicembre 2011
Nei giorni scorsi, nella Repubblica Democratica del Congo, e di conseguenza anche a Kinshasa, si sono tenute le elezioni presidenziali. In queste ore sono stati annunciati (anche se solo provvisoriamente) i risultati. Il clima è teso e l’accoglienza del risultato non è così scontato.
Abbiamo intervistato padre Roberto Ponti, sacerdote italiano da poco in missione nella capitale. Gli abbiamo chiesto della situazione generale e in particolare di ENES, la scuola adottata da “Passione Educativa”. Di seguito l’intervista integrale.
Un Avvento diverso per i cristiani congolesi?
Certo, già c’è una differenza di partenza. In Italia come in Europa o in NordAmerica, i ritmi liturgici sono molto connessi ai ritmi stagionali per cui è facile legare la vittoria della luce sul buio che segue il solstizio d’Inverno alla nascita di Cristo luce vera del mondo. Qui le giornate sono a durata di luce costante per cui serve una spiegazione che tocchi il cuore della fede. Quest’anno questa spiegazione sull’Avvento si deve allacciare al periodo elettorale e post elettorale che stiamo vivendo. Tante attese, tanta voglia di cambiamento, ma ora che i risultati sono stati – sebbene provvisoriamente – annunciati, l’attesa è soprattutto della normalità e della pace. Già si vive normalmente con tanti sacrifici, aggiungere altra violenza ed insicurezza non è il caso. Purtroppo però a tutt’oggi non si vede una soluzione all’incertezza e alle denunce di brogli elettorali che invaliderebbero il risultato della rielezione di Joseph Kabila alla presidenza della repubblica.
Che significa per il Congo e per Kinshasa questo risultato elettorale?
Il Congo è un paese immenso, con più di 70 milioni di abitanti e zone culturali e linguistiche diverse tra loro. Non si può dare una risposta precisa alla domanda proprio per la realtà complessa. Ciò che si percepisce è la voglia di risollevarsi da una situazione di difficoltà. Alcuni vedono nel presidente uscente e rieletto Kabila la continuità negli sforzi di ripresa, altri si aspettano (perché i risultati devono essere confermati quindi possono intervenire novità) il cambiamento totale con il maggiore oppositore Etienne Tshisenkedi, che si è autoproclamato presidente in forza dei risultati in suo possesso che sovvertirebbero quelli ufficiali.
La popolazione come reagisce?
La popolazione nella stragrande maggioranza è partecipe di quanto sta accadendo. Secondo i dati hanno preso parte al voto circa il 60% degli iscritti nelle liste elettorali e per la realtà infrastrutturale congolese (strade e trasporti difficili) è un segno di vera partecipazione al processo democratico.
L’atmosfera surreale di queste ultime ore rientrerà o ci sono ancora reali pericoli?
Fino ad oggi la situazione non è ancora stabile. Continuano gli scontri tra maggioranza presidenziale e opposizione, che hanno prodotto anche alcune vittime. Quindi, sebbene la vita sta lentamente riprendendo, c’è molta insicurezza per le vie di Kinshasa che rimangono poco frequentate.
Come è accolto il risultato dalla Chiesa locale?
La chiesa cattolica è ovviamente attenta a quanto sta accadendo soprattutto attraverso la commissione episcopale Giustizia e Pace. Si è molto cauti a pronunciarsi perché la fase è delicata e le reazioni possono mettere a repentaglio l’incolumità dei cristiani. Ma non si ha paura a testimoniare la verità e la coerenza.
La Santa Sede, la Chiesa occidentale, fa sentire la sua vicinanza alla comunità congolese?
Qui a Kinshasa come nelle grandi capitali è presente il Nunzio Apostolico che tiene i contatti con la Santa Sede e si rende presente quando è necessario. Penso che il Papa segua da vicino le vicende della Repubblica Democratica del Congo, che è un paese dove sono presenti tanti cattolici impegnati.
Voi sacerdoti occidentali impegnati in quelle zone, come siete accolti dalla comunità civile (e politica) locale? Siete considerati più una minaccia o una risorsa?
Noi “missionari occidentali” siamo oramai un’esigua maggioranza perché clero e religiosi locali sono presenti in gran numero in tutti i ruoli della Chiesa. In genere c’è un buon rapporto e anzi un’ammirazione verso noi religiosi europei, che rimaniamo come sicurezza di legame con la realtà d’origine.
ENES ha svolto le sue attività regolarmente in questi giorni di elezioni? Come procederà nei prossimi giorni?
In questo periodo le scuole, e quindi anche l’école Nicolas les énfants sages, vivono un periodo difficile: se non c’è sicurezza per le strade i primi a pagarne le conseguenze sono i più piccoli che giustamente sono tenuti in casa dai loro genitori, per cui in quest’ultima settimana si sono svolti pochi giorni di lezione. Speriamo che nei prossimi giorni la situazione si normalizzi.
Come si prepara ENES al S. Natale? Può festeggiare tranquilla?
Come tutte le realtà che si richiamano alla fede cristiana anche l’ENES ha momenti che richiamano il Natale. Ma la vera preparazione viene fatta in parrocchia, soprattutto dopo la messa domenicale, quando i gruppi di ragazzi si ritrovano numerosi per la catechesi. E vederli utilizzare tutti gli angoli delle strutture parrocchiali (a volte proprio ridotte all’essenziale) è proprio una festa. Qui il presepe e l’albero sono entrati a far parte della tradizione, anche se tutto verrà preparato poche ore prima della celebrazione del Natale.
Grazie don Roberto, tanti auguri e sicure preghiere per la tua missione.
Spero che il Congo possa trovare pace, giustizia e liberà.
Mi permetto di far osservare che l’Africa deve e può aiutare l’Africa che è ricca di risorse umane, naturali ed economiche. La prima riforma che debbono fare, che è a costo zero, è la libertà religiosa e di pensiero. La cultura di molte popolazioni è spesso oppressiva e violenta, in Italia ne abbiamo un esempio nel meridione dove esistono ancora le faide che non cessano mai e che causani decine e decine di morti. Mi chiedo spesso come possiamo aiutare gli altri se prima non risolviamo i ns. problemi: “medico – prima – cura te stesso”.