
30 Aprile 2016
di Antimo Verde – Oggi è tutto così normale e naturale. Con un semplice click si possono fare infinite attività da numerosi sistemi informatici, dal più classico personal computer al più evoluto smartphone. Con un gesto elementare tastando un semplice pulsante possiamo ritrovarci dall’altra parte del mondo e parlare con chiunque desideriamo, oppure comprare oggetti, vestiti o qualsiasi altra cosa che ci piace o di cui abbiamo bisogno. Si possono trovare amici, indirizzi, alberghi, orari dei treni e, qualche volta, persino l’amore. Sembra che oramai, qualsiasi cosa abbia inizio e origine da internet. Eppure tutto questo fino a qualche anno fa era del tutto impensabile. Per i giovanissimi credere che sino all’avvento della rete si poteva comunicare solo con lettere, telegrammi o con caratteristici telefoni funzionanti con introvabili gettoni, appare certamente inverosimile.
Eppure tutto questo sarebbe ancora la consuetudine e la quotidianità, se l’avvento di internet non avesse rivoluzionato il mondo e la vita di tutti i suoi abitanti. Una rivoluzione che è iniziata appena 30 anni fa, ma che sono stati sufficienti per trasformare completamente il modo di vivere, non solo dell’ultima generazione, ma anche di quelle precedenti. Una rivoluzione che, come quelle che modificano profondamente il tessuto sociale e morale, è partita lentamente e in sordina.
Anzi, a dire la verità all’inizio nessuno sembra essersene accorto, visto che mai ci si sarebbe aspettato l’incredibile influenza che poi avrebbe avuto sulla società e nelle vite di ognuno. L’anno era il 1986 e il nostro Paese era occupato a preoccuparsi degli effetti del disastro della centrale nucleare di Cernobyl. L’attenzione rivolta a questo tremendo episodio fece passare del tutto inosservato, invece, l’evento che avrebbe dato l’inizio ad una storia nuova e che vedeva l’Italia come assoluta protagonista.
Infatti, il 30 Aprile del 1986 un gruppo di entusiasti pionieri collegò l’Italia a Internet. Un team capitanati da Stefano Trumpy, direttore del Cnuce, Luciano Lenzini, appassionato scienziato, Antonio Blasco Bonito e Marco Sommani, cuore tecnico di quell’avventura. Il segnale partì dal Centro universitario per il calcolo elettronico del Cnr di Pisa e arrivò alla stazione di Roaring Creek, in Pennsylvania.
All’epoca Internet non era molto di più di quanto era stata Arpanet, ovvero la rete militare messa in piedi dagli USA in previsione di eventuali necessità belliche, ma non era difficile immaginare le sue immense potenzialità. In Italia i primi provider commerciali arrivano attorno al 1990 e vanno sotto il nome di di Agorà a Mc-Link, da Galactica a I-Net. Fioriscono le bacheche elettroniche per scambiarsi messaggi, informazioni e file.
Ma si doveva attendere il 1991 per avere il “World Wide Web”, grazie all’invenzione di Sir Tim Berners Lee nei laboratori del CERN. Nei migliori dei casi la velocità delle connessioni viaggiava sui 56kbit e per scaricare una singola immagine ci potevano volere minuti,e anche ore per una canzone o un intero filmato. Ma le cose erano destinate a cambiare e in fretta. Infatti, arriva l’uso sempre più frequente della posta elettronica, siti di ogni genere e specie, banche on line, blog e chat line, i primi cellulari che riescono a navigare pur non essendo chiusi in casa.
I social network, poi, che danno a tutti la possibilità di esprimere le proprie idee e commentare qualsiasi fatto o avvenimento, esplodono letteralmente. Il mondo diventa più veloce e soprattutto più piccolo. Così, per ricordare il giorno in cui “l’Italia scoprì Internet”, come sottolineato dal premier Matteo Renzi, ci saranno in tutto il paese iniziative nelle scuole, nelle regioni e una celebrazione nella sede del Cnr di Pisa.
Eppure, nonostante l’Italia sia stata una delle prime a scoprire internet, risulta sorprendentemente, al quartultimo posto in Europa per accesso alla rete. Secondo la Commissione Europea nella ricerca “Digital economy and society”, infatti, un terzo della popolazione non è ancora connesso. Anche quando si tratta di effettuare un bonifico, fare shopping, consultare e scaricare atti pubblici, gli italiani preferiscono ancora i metodi tradizionali.
Questo perché, secondo la Commissione Europea, in Italia mancano ancora le competenze digitali, e soprattutto, vi è una popolazione in età avanzata rispetto a quella europea che non ha un’educazione tecnico-culturale. Perciò, far crescere le competenze digitali dei cittadini e semplificare i servizi digitali favorirebbe sicuramente l’utilizzo di internet. Aumentando le potenzialità dei suoi fruitori, consentirebbe di sfruttare meglio il web, per una rivoluzione ancora più imponente e veloce.