
9 Giugno 2017
di Antimo Verde – Ogni giorno nel mondo 37.000 bambine sono obbligate a sposare uomini molto più grandi di loro. Praticamente una ogni sette secondi. Ogni anno 15 milioni di matrimoni hanno per protagonista una minorenne. Una su tre ha meno di quindici anni. I matrimoni forzati sono un fenomeno estremamente diffuso nei paesi in via di sviluppo, soprattutto nelle aree rurali. Bambine e adolescenti sono costrette a violenze da parte dei loro uomini, alla perdita della loro libertà e del diritto all’educazione, limitando così, le loro prospettive future.
Nonostante siano vietati dalla legge, le autorità locali non fanno abbastanza per fermarli, poiché gli uomini detentori della tradizione, temono di più la sanzione divina che quella della legge. Secondo un rapporto dell’Unicef, le motivazioni che spingono una famiglia a concedere in sposa la propria figlia, poco più che bambina, sono molteplici. In parte affondano le proprie radici in norme culturali legate sia a pregiudizi di genere che a stretegie sociali proprie delle economie di sussistenza.
Dare in sposa il prima possibile una figlia significa, in pratica, liberarsi di una bocca in più da sfamare dal momento che le ragazze spesso, vengono considerate meno produttive rispetto ai maschi. A causa di questa tribale consuetudine una ragazza su tre si sposa prima dei 18 anni, e una su nove prima del 15. I rischi maggiori riguardano le ragazze che, ancora troppo giovani per figliare, spesso incorrono in gravi complicazioni da gravidanza e parto che possono causarne la morte.
Il matrimonio precoce colpisce soprattutto le femmine, infatti, l’82% dei bambini costretti a sposarsi sono femmine, ma anche i maschi non ne sono immuni. Nonostante il tasso di matrimoni di questo tipo sia in lento declino in tutto il mondo, il crescente numero della popolazione, però, farà sì che la quantità di persone costrette a convivere con le conseguenze di un matrimonio precoce sarà comunque in aumento. Si prevedono 950 milioni di casi entro il 2030 contro i 700 milioni di oggi e nel 2050 si arriverà a un miliardo e 200 di baby spose.
Il problema esiste in tutti i continenti, ma sono soprattutto Somalia, Niger, Repubblica Centrafricana, Mali, Sud Sudan, Guinea e Malawi, i paesi più segnati da questo fenomeno. Paesi fragili, caratterizzati da continue guerre, emergenze umanitarie e povertà estrema. A dispetto di quanto si possa pensare, persino nelle nostre città , dove il fenomeno ha accompagnato specifiche migrazioni, secondo le stime, ogni anno 2mila adolescenti nate in Italia sono costrette a sposarsi nei paesi di origine.
Il Parlamento Europeo si sta adoperando per cercare di contrastare il dilagare di tale fenomeno nei diversi Paesi. Con una risoluzione adottata dai deputati di Bruxelles, si è chiesto, ad esempio, al governo del Bangladesh di colmare le lacune nella legislazione locale sul matrimonio precoce, che attualmente consente eccezioni sull’età minima per sposarsi, che consta di 18 anni per le donne e 21 per gli uomini, senza specificare i criteri usati per la concessione di tali deroghe o che ci sia l’effettivo consenso obbligatorio dei bambini.
Inoltre, si vuole insistere sull’importanza del ruolo delle organizzazioni regionali negli ambiti locali ed eliminare i doppi standard per i richiedenti asilo rilasciando permessi di soggiorno per motivi umanitari, come previsto dall’articolo 18bis della legge sull’immigrazione, a tutela delle vittime di violenza. Un problema, quello dei matrimoni precoci, che come sostenuto da Lakshmi Sundaram, Direttrice esecutiva di Girls not Brides, costituiscano un intralcio alla risoluzione di altre questioni importanti, come ad esempio porre fine alla violenza contro le donne, assicurare l’istruzione ai bambini, o debellare l’AIDS.
Tale fenomeno è ancora troppo poco conosciuto tra i minori e per questo che gli esperti e gli eurodeputati sottolineano l’importanza di lavorare direttamente con i bambini e con le comunità per cambiare le norme sociali, garantire l’accesso alla sanità , all’istruzione e all’assistenza legale in modo da garantire una struttura più legalizzata e precisa.
Proprio per questo, tra innumerevoli altri motivi, da anni è stato istituito un numero di emergenza attivo 24 ore su 24. Un servizio promosso dal Dipartimento per le Pari Opportunità e gestito da Telefono Azzurro, al quale rivolgersi tutte le volte che un bambino o un adolescente si senta o è in pericolo. E’ importante che sempre più persone siano informati dell’esistenza del numero del 114. Uno strumento in più per arginare una tremenda realtà e rendere tanti bambini liberi di vivere.